Todi off: riflessioni sul quarto spettacolo della rassegna

Todi off: riflessioni sul quarto spettacolo della rassegna

Dopo una serata di stop, in concomitanza con la giornata di riflessione dal titolo “Off… ma non troppo!” del 30 agosto, ieri la programmazione del Todi Off è ripresa con “Talita Kum” di Riserva Canini. Emozionante spettacolo di teatro d’ombre e teatro di figura, lo avevo visto, a Campsirato, all’interno di IETM (International Network of Performing Arts) Bergamo 2015 e mi aveva subito colpita per il lirismo, la poeticità e la grande capacità di suscitare meraviglia – di far sgranare gli occhi come quelli di un bambino davanti a una giostra di felliniana memoria, che, pur senza salirci sopra, non può non incantare.

Ecco perché l’ho scelto, accogliendo anch’io l’invito di Roberto Biselli (direttore di Teatro di Sacco e ideatore di questa sezione Off) a individuare una proposta adatta a creare un cortocircuito in un pubblico avvezzo a un teatro più tradizionale. E credo che l’intento sia perfettamente riuscito: perché il pubblico, già ieri sera, dopo lo spettacolo, si è tratteuto a chiedere, complimentarsi e informarsi su quello strano ibrido – un po’ teatro per bambini, un po’ percorso onirico in grado però di evocare e scongiurare demoni quanto mai condivisi – e, cosa ancor più significativa, perché stamani, nonostante lo scrosciante temporale rovesciatosi a rinfrescare quest’ultimo scorcio dell’estate tudertina, si è presentato a teatro per un ascolto/confronto con la narrazione di genesi e backstage dello spettacolo. Si è svolto così, questo terzo incontro, finalmente capace d’intercettare un pubblico di spettatori puri, evidentemente incuriositi e accompagnati da una sequela di proposte, che si è rivelata adeguata a stanarli dalla pigrizia di una visione che si esaurisce nel solo tempo della rappresentazione. Insieme a loro, anche la giornalista e scrittrice Ilaria Guidantoni, lei pure a Todi per capire cosa stia succedendo, in questa start up “off”.

Dopo un mio breve intervento – quello di rito: rispondere all’oramai consueta domanda d’apertura di Stefania Minciullo sulle ragioni della scelta dello spettacolo e introdurre tematiche e riflessioni iniziali  -, la parola è passata a Riserva Canini Teatro, alias Marco Ferro e Valeria Sacco, che sarebbe semplicistico ingabbiare nella dicitura “rispettivamente regista ed interprete”. Infatti, come hanno raccontato loro stessi, la loro metodologia spesso nasce da improvvisazioni, in cui la partitura è condivisa, come comune è poi il lavoro di scrittura per la scena nella sua integralità registico/drammaturgica. Terminata la formazione accademica alla Paolo Grassi (una delle più prestigiose accademie di arte drammatica di Milano), Marco e Valeria si appassionano a linguaggi teatrali considerati forse meno convenzionali come il teatro d’ombra e il teatro di figura, scoprendo che “non è solo un gioco da ragazzi”, ma che esistono eccellenti realtà teatrali, il Teatro Gioco Vita di Piacenza, ad esempio, festival e circuiti internazionali in grado di accogliere questa loro specificità. Ce lo ha raccontato Ferro, individuando, in questa loro vocazione a un teatro per le famiglie (come lo si chiama in quei Paesi esteri, che non conoscono lo iato fra teatro-ragazzi e teatro serale), l’attenzione a conservare sempre e comunque un primo livello di lettura attingibile da qualsiasi pubblico, strombandolo, poi, in una polisemia quasi da viaggio onirico, in cui ciascuno possa proiettare e sublimare la propria percezione. Gli ha fatto eco la Sacco, raccontando di come sia proprio questa creatura magica, che è la marionetta, a ispirare non solo il loro metodo di lavoro, ma anche quella Welthaschauung, che è ascolto paziente di una cosa apparentemente inanimata, ma che di fatto un’anima l’acquisisce o la dimentica a seconda delle circostanze. “Esattamente come tutti noi, che un giorno siamo in animo e un altro no”, ha fatto notare, svelando la suggestione profonda, da cui è scaturita, già nel 2010, la prima scintilla di questo lavoro. E poi un turbinio di aneddoti, legati alle diverse reazioni dei differenti pubblici nei Paesi, in cui lo spettacolo ha circuitato: dai bambini della Colombia alle donne arabe o indonesiane, oltre che agli spettatori delle piazze italiane, adolescenti e adulti. Ma la cosa forse più interessante sono state l’attenzione, il rispetto e la passione con cui è intervenuto il pubblico in quest’occasione: mosso quasi dall’urgenza di offrire una propria restituzione, non ha certo lesinato la condivisione – emozionale e quasi commossa – di quanto hanno intravvisto, ipotizzato, immaginato nell’assistere a un prodotto tanto distante dalle loro consuete visioni, quanto sfidante e coinvolgente. Già, perché forse, al netto dell’altissimo valore tecnico e del lavoro, preciso e artigianale nel senso più alto del termine (elemento certo non secondario, in questa “Talita Kum” sono scene, costumi, luci e musica/effetti sonori, curati nel particolare col supporto dei sound designer Stefano De Ponti e Luca Mauceri, chirurgici nell’individuare il valzer di Tchaikovsky, scomponendolo e somministrandolo, a inciampi in crescendo, in perfetta continuità col climax narrativo), il teatro che sembra appassionare di più non è quello che si risolve nella virtuosità della prova d’attore – sorta di “rappresentazione della letteratura”, come lo ha definito, nel suo intervento, la giornalista Guidantoni -, ma, al contrario, quello in grado di recuperare quell’ attualità condivisa, che univa consessualmente la koiné nelle rappresentazioni greche e che – acuta osservazione di uno degli spettatori che ha preso la parola – resta la sola possibilità di superare quella fruizione solipsistica e tecnologicamente ben più affascinante, che è la specificità dello spettacolo dal vivo e il suo vero punto di forza, come sottolineato che da Marco Ferro.

Domattina, sempre alle 10.30, ci troveremo insieme a Francesca Serrazanetti per l’ultimo scambio di visioni sull’ultimo spettacolo scelto da uno dei cinque critici: stasera alle 19, sempre al Nido dell’Aquila, “Erinni o del rimorso” di Ortika Teatro.

Francesca Romana Lino